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sabato 20 settembre 2014

1.757 km from the happiness.
Erano chilometri loro.
Ci vediamo domani? No tra 38 settimane.
Sei sotto casa? Magari, ma sono qui.
Sei cambiata, o sbaglio? Sono sempre io.
Ma i soldi? Questa settimana non li ho.
Erano distanza loro.
Una sorta di assenza presente o presenza assente; come preferite.
Mi manchi.
Mi manchi anche tu.
Un modo per essere nello stesso posto lo troviamo? Ora ci provo.
Allora arrivava la sera, e iniziava la giornata.
Erano telefoni loro.
Stai bene? Abbastanza.
Stesso libro, stessa pagina, stesso rigo.
Siamo ad Amsterdam. Guarda le stelle, tu sei più bella.
Prossimo capitolo, mancano 37 settimane.
È notte. Chiudiamo la telefonata allora?
Niente lacrime ok? Continuerò a pensarti.
Erano attesa loro, ore e giorni che scorrevano lentamente.
Ti scrivo quando torno. Voglio sentire la tua voce.
Erano canzoni nella notte, erano incomprensioni e chiarimenti, erano rabbia e nostalgia, abbracci negati e mattine solitarie.
Ce la faremo? Abbiamo altre 259 pagine a disposizione.
Ce la faremo.
Ce la facciamo.

 19 Agosto 2014- Ultimo giorno, ultime paure.

Restai lì a lungo, la mano appoggiata al bordo della finestra, a fissare il punto in cui è sparito. Magari potrebbe accorgersi di aver dimenticato di dirmi qualcosa e tornare indietro. Ma non torna. In quel punto rimane una specie di cavità invisibile che ha la forma della sua assenza. Era il 19 Agosto e il mio viaggio sarebbe iniziato tra sole 16 ore ma a causa di ciò che era successo mi sarei dovura allontanare da lui in quel momento. Era tutto così confuso e il sole di Lecce non riusciva a scaldarmi veramente. Ero fredda, insensibile, come se quel volo non fosse per me, come sei quei 10 mesi non fossero i miei. Avevo negli occhi la paura di stare per fare la cosa sbagliata. Questa volta ho paura. Ho paura di commettere un errore ad andarmene, ho paura di non riuscire a ricominciare, ho paura di non riuscire a stare bene. Trovare un equilibrio qui è quasi impossibile, ma almeno ho la certezza della famiglia, degli amici di sempre, di quelli nuovi... Ma se dovessi rompere l'ultima colonna, l'ultima certezza, l'ultima base della mia vita, allora riuscirei a rialzarmi? A ricostruire da zero?
Ed eccola lì. La mia colonna, la mia certezza, la base della mia vita che pezzo dopo pezzo va in frantumi. La persona a cui tengo di più, oltre la mia famiglia. Il mio migliore amico. Eccolo lì, che si spezza davanti ai miei occhi ormai proiettati verso una vita che non mi appartiene ancora. Lo vedo trattenersi dal piangere e vorrei abbracciarlo e scaldarlo veramente perchè questo solo non sembra in grado di farlo. Ma questo muro che ha creato lui stesso ci separa. Una lastra di un materiale invisibile che in un solo abbraccio si frantumerebbe riesce a separare due persone che un anno e 152km non hanno separato. Com'è possibile? Com'è possibile che 3000km sembrino più facili da distruggere di questa freddezza? Com'è possibile che io non voglia farlo? Che io non sia più disposta a rincorrerlo? Poi mi viene in mente un ricordo, un pomeriggio, un evento. Mi vengono in mente le mie lacrime, la mia rabbia, il mio sorriso nel vedere che gli altri non mi avevano lasciata sola. Ricordo una frase, anzi più di una che si inserì nel mio stomaco e mi fece sentire un nodo per molto tempo. Ma dovevo capirlo. Io dovevo capire che dopo la mia partenza avrei chiuso i contatti con molti, che il giorno del mio ritorno sarebbero cambiate troppe cose, troppe da capire, troppe da sopprtare. Ripenso ai miei ultimi cinque mesi nella mia città. Cinque mesi di paure, preoccupazioni, ansie che sono finite oggi con la mia morte. No aspettate, non prendetemi alla lettera. Oggi muio solo nella mia vita a Lecce, nel mio quartire, per rinascere in Olanda. Ma se sono io quella che sta per ''morire'' perchè la morte la vedo solo nei suoi occhi?
Lo vedo trattenrsi dal piangere, lo vedo mettersi le mani nei capelli, lo vedo solo. L'ultima colonna della mia vita si distrugge e io ora sono pronta per costruirne altre, magari più solide. Per anni mi sono costruita la mia stessa prigione, un mondo al quale non appartengo, ho fatto diventare in biaco e nero i miei sogni per venderli ai mostri nell'armadio. Oggi cambio, oggi prendo il mio coraggio, la mia vecchia dignità e riprendo in mano la mia vita.
Anzi.
Ne costruisco un'altra.
Alla fine, questo posto, mi ha dato tanto quanto mi ha preso. Per cui ho vissuto tanto quanto sono sopravvissuta. Dipende da come la isi guarda, io scelgo di vederla così e di ricordare questa città così.
Prendo in mano il mio zaino e guardo per un'ultima volta quella strada.
Poi sposto lo sguardo su di lui e mi rendo conto che non sono io ad aver perso, ma nemmeno lui.
La partita è solo finita...

venerdì 28 marzo 2014

Mi immagino il primo giorno dopo il mio ritorno.

Mi immagino il primo giorno dopo il mio ritorno. Mi sto immaginando ogni piccola cosa, ogni minimo dettaglio. Mi immagino stesa sul mio letto su cui non dormivo da un anno a stringere le coperte mentre con gli occhi lucidi guardo le mie foto dell'Olanda. Immagino di ricordare il mio anno all'estero. Ricordo quando sono atterrata con quell'aereo ad Amsterdam, ricordo la paura, l'ansia, le mille domande. Ricordo la mia famiglia che mi aspettava all'aeroporto. Ricordo il viso della mia mamma ospitante. Con quel sorriso così accecante, quel viso che sembrava così diverso dalle foto. Ricordo il volto di mio padre. Un uomo posato, severo e un po' sulle sue ma dal quale si intravedeva comunque la serenità nel vedere la figlia che stava aspettando. Ricordo il viaggio in auto, la meraviglia nel vedere tutte quelle bici, quei mulini, nell'abbassare il finestrino per sentire sulla mia pelle quella pioggia che, per quanto possa sembrare assurdo, era diversa da quella della mia città. Ricordo lo sguardo di mia sorella quando ho aperto la porta e il successivo abbraccio che mi ha riportata a casa mia per qualche minuto. Ricordo il primo pranzo e l'imbarazzo quando non sapevo pronunciare una parola, quando non capivo cosa dicevano, quando dicevo qualcosa di sbagliato, quando chiamavo mia madre cavallo come nella pubblicità. Ricordo la mia scuola, la preside che mi stringe la mano, i visi dei miei compagni di classe così incuriositi da quei capelli rossi e quegli occhi celesti. Ricordo la foto di mia madre, quella vera, appesa nel mio armadietto. Ricordo la nostalgia ogni volta che la vedevo. Ricordo la prima volta che i miei genitori mi hanno presentata ai parenti come loro figlia e non come exchange student. Mi sono sentita a casa, nel posto giusto. Ricordo le infinite chiamate con mia madre che ogni mese, so che è brutto a dirsi, sentivo sempre più lontana, distante, distaccata da me. Come se stessi vivendo una vita alla quale lei non apparteneva. Ricordo il Natale festeggiato assieme. Ricordo il mio imbarazzo in mezzo a tutto quell'amore, quella complicità di cui io non facevo ancora parte. Ricordo l'immensa tavolata, piena di cibi nuovi, a me sconosciuti. Ricordo il mio compleanno, la pizza che mi offrii di preparare, quell'amore di cui ormai facevo parte. Ricordo il mio primo viaggio in treno per andare ad Amsterdam ed incontrare un'altra ragazza italiana, il mio primo dialogo in italiano dopo molti mesi, il raccontarsi le paure, i momenti felici. Ricordo l'incontro a metà campo, alle lacrime la prima volta che ho capito che ero a metà della mia esperienza, tutti i discorsi tenuti da altri italiani come me. Ricordo l'invidia nel leggere su facebook i post di chi aveva ricevuto la notizia della partenza, il voler tornare a quei giorni, a quei momenti. Ricordo la prima volta che mi hanno portata a mare, a quel sole che non vedevo quasi mai, cosa che nella mia città natale era all'ordine del giorno. Ricordo i capelli bagnati, mia madre che mi abbracciava per asciugarmi. Ricordo la prima festa con mia sorella, la prima foto insieme, la prima volta che l'ho fatta ridere nella sua lingua. Ricordo il mio ultimo giorno di scuola, gli sguardi di che non voleva dirmi addio e le lacrime di chi l'aveva già fatto. Ricordo la mia bandiera italiana piena di firme, di parole, di frasi.
''Che nessuno mai è pronto quando c'è da andare via.''
Quant'è vero. Non ero pronta a ritornare a casa ma quella data era ormai arrivata e il sorriso di mia madre e mio padre erano ormai svaniti per fare spazio alla tristezza, alla malinconia, alla nostalgia per qualcuno che era lì ma che se ne sarebbe andato a distanza di poche ore. Ricordo il viaggio in aereo di ritorno e le persone che non capivano perché stessi piangendo. Ricordo quando ho rivisto mia madre dopo un anno e ho trovato in lei quel sorriso che avevo visto nella mia madre ospitante. Rivedo in mio padre lo sguardo di quell'uomo posato che non avrei più rivisto. Risento nell'abbraccio di mio fratello quello di mia sorella. Passo dopo passo la mia città sembra così uguale a come l'avevo lasciata 11 mesi fa, come se tutto fosse rimasto com'era aspettando il mio ritorno. La mia camera è come la mia città, identica all'anno scorso. Ricordo la disapprovazione vedendo foto di due anni fa. Quante cose sono successe, quante sono cambiate... quanto sono cambiata io. Mi stendo su quel letto, lascio la valigia aperta prendendo delle foto e mentre stringo le coperte inizia la mia nostalgia.


Mi immagino il primo giorno dopo il mio ritorno. Solo così posso avere la pazienza di aspettare, solo così posso smettere di stringere quelle coperte, consapevole che la mia esperienza non è ancora iniziata.

lunedì 24 marzo 2014

19 Febbraio 2014-19 Marzo 2014


Un mese. E' passato un mese esatto dalla notizia tanto attesa. Un anno in Olanda mi aspetta e i giorni passano inesorabilmente tra tante domande, perplessità, dubbi, incertezze, paure e malinconie. La frase che purtroppo sento più frequentemente è ''Ho paura di perderti.'' No aspetta, fatemi capire. Io tra 150 giorni perdo la mia famiglia, la mia casa, la mia cultura, i miei amici, il mio paese, la mia lingua, tutto quello che ho costruito in 16 anni e tu hai paura? Io tra cinque mesi perdo tutta la mia vita, secondo te non ho paura?
Ho paura. Ho paura come poche volte ne ho avuta. Cosa ne sarà di me tra cinque mesi? Cosa ne sarà di noi, della mia gente, della mia famiglia. Mi considero una persona coraggiosa, una persona forte, sicura di se' ma in questo momento sono tutto tranne che questo. Alcuni mi hanno perfino detto che non sarebbero mai in grado di fare quello che sto facendo io. Altri che sono una vigliacca, che sto semplicemente scappando dai miei problemi. E se fosse così? Se io stessi veramente scappando dai miei problemi. Se io stessi veramente scappando da me stessa per poi ritrovarmi tra 150 giorni a comprendere che in realtà il problema sono sempre stata io e non gli altri, la società, la mia famiglia, questa città? Sempre e solo io? Sto perdendo tutta la mia vita, tutta me stessa per ritrovarmi in un altro paese, in un'altra lingua, in un'altra famiglia, in un'altra scuola, in un'altra casa e in un'altra cultura. So che ho preso la decisione giusta quando ho voluto andarmene a tutti i costi d qui e so che non me ne pentirò mai ma ho bisogno di persone che non abbiano paura di perdermi perchè ci metto così tanto ad affezionarmi ad una persona che gli altri non dovrebbero mai avere paura che io me ne vada da loro. Sono attorniata da gente che non mi da stimoli che non mi emoziona, che non mi attira, che non mi incuriosisce. Devo andare via. Magari questo non è il nostro posto, ci avete mai pensato? Nasciamo in luoghi che non scegliamo e subiamo. Un luogo non può essere come la famiglia da cui nasciamo e non scegliamo. Il luogo deve essere qualcosa che ci faccia venire voglia di svegliarci la mattina e dire: "Si cazzo! Sono nel posto giusto!"C'è chi questo posto lo andrà a cercare in Olanda, chi in Russia, chi negli USA, chi in Canada, Argentina, Ecuador, Germania, Danimarca, Norvegia o nel Belgio. C'è chi invece se lo creerà in quel paese, chi l'ha già trovato ma ne vuole un altro, chi purtroppo resterà in Italia e chissà, magari lo troverà prima di noi. Quello che ci accomuna è che stiamo cercando tutti il nostro posto, chi un paese chi in un altro, chi in un modo chi in un altro. Perciò spero che tra tre, sei o dieci mesi avremo tutti trovato quel luogo che diventerà il nostro. Quindi in bocca al lupo a tutti per quest'esperienza che cambierà non solo noi ma anche quella famiglia, quella scuola, quella città che ci ospiteranno. Un in bocca al lupo anche a chi non è stato preso perché nonostante tutto è pur sempre un vincitore.

''Magari vado via così alimento i miei difetti.''

giovedì 20 febbraio 2014

EXCHANGE   WONDERLAND


Dopo anni di attesa è arrivato il momento tanto aspettato. Credo di essere un po' in ritardo con i tempi per il mio blog ma poco importa, adesso è nato ed è qui per me, per voi, per chiunque abbia voglia di leggere e di immedesimarsi nella vita di una sedicenne che ha finalmente realizzato il suo sogno.
Tutto iniziò 5 anni fa quando una mia animatrice mi disse che a distanza di un mese sarebbe partita con Intercultura per andare in Germania e passare un anno lì. Io ero immobilizzata, non sapevo cosa dire, cosa fare. Ero felice per lei, certamente, meno per me e per mio fratello. Mio fratello era il suo ragazzo da circa un mese e io dovevo mantenere il segreto quando a mala pena riuscivo a credere a quello che mi aveva detto. Lei sarebbe andata via e io sarei rimasta in questa piccola città del Sud aspettando il suo ritorno. ''Ha coraggio'' pensavo tra me e me e senza volerlo si instaurò in me un meccanismo per il quale io avrei voluto fare la stessa cosa e per cui avrei incentrato tutte le mie energie nei mesi e negli anni successivi. Nel suo anno all'estero ci scrivemmo delle lettere, ci vedevamo su skype, le comprai dei regali per i suoi diciotto anni tanto attesi, mio fratello partì a San Valentino per un sorpresa e al suo ritorno trovò una festa con un cartellone con foto e frasi fatto interamente da me. Passarono degli anni e finalmente arrivò il mio momento. Settembre 2013. Iscrizione online e io già ero in estasi solo per essere ufficialmente una partecipante al concorso di Intecultura. A Novembre iniziarono le vere selezioni nella mia scuola, un liceo scientifico, e su quel banco io mi sentivo così elettrizzata che sul mio foglio le figure uscirono leggermente tremolanti. Passarono i giorni, i colloqui e il fascicolo però sembrava non passare mai. Pagine e pagine da compilare in inglese, domande a cui le risposte non potevano, non dovevano essere scontate, frasi da completare in una settimana per quello che sarebbe diventata la mia possibilità di vincere, di realizzare il mio sogno. E così, completato e inviato anche il fascicolo, iniziò l'attesa. Due mesi che all'inizio, credetemi, non pesavano per niente. A Gennaio iniziai a parlarne con i miei professori, con i miei amici ma nessuno mi prendeva seriamente. Per loro era un qualcosa di utopistico che mai e poi mai si sarebbe potuto realizzare. Per loro era un sogno, per me anche un progetto. A fine Gennaio però l'aria cominciava ad essere pesante, l'ansia saliva e le preoccupazioni aumentavano. ''Ho scelto i paesi giusti? Il mio fascicolo era veramente completo? Potevo impegnarmi di più? Devo chiamare? Devo chiedere informazioni? Avrei dovuto mettere più paesi? Dovrò aspettare ancora molto?'' erano le domande all'ordine del giorno a cui nessuno sapeva rispondere. Gli ultimi cinque giorni sembravano durare più dei due mesi e io non potevo più farcela. Controllavo il sito e la mia email ogni ora nella speranza di trovare qualcosa di nuovo, anzi non qualcosa, ma i nomi dei vincitori. 19 Febbraio 1014. Credo che questa data mai e poi mai la dimenticherò perché è proprio in questo giorno, alle 12.23 che il mio sogno è iniziato a diventare realtà. Un numero mi separava dal sapere il risultato. Schiaccio i tasti del mio cellulare così velocemente che ho controllato più volte per essere certa di non aver sbagliato nulla. Eccola. La parola che ho aspettato per cinque anni. Era lì. Lì per me. ''Vincitore''. Vincitrice di un programma annuale in Olanda. E io non ci potevo credere. L'Olanda. Vivrò un anno in Olanda quando per molti è un sogno soltanto visitarla. Me ne andrò e la mia vita ricomincerà da zero. Inizio a saltare, abbraccio mio padre, chiamo i miei amici e contemporaneamente piango, piango e piango ancora. Di felicità s'intende. Mi davo pizzicotti perché pensavo fosse l'ennesimo sogno che finiva con me nel letto che cercavo di riaddormentarmi per rivivere ancora quell'emozione. Era reale invece. E' reale. Sono attorniata da gente che non mi da stimoli, che non mi emoziona, che non mi attira, che non mi incuriosisce. Devo andare via. Magari questo non è il nostro posto. Ci avete mai pensato? Nasciamo in luoghi che non scegliamo e subiamo. Un luogo non può essere come la famiglia da cui nasciamo e che non scegliamo. Il luogo deve essere qualcosa che ci faccia venire  voglia di svegliarci la mattina e dire: ''Si cazzo! Sono nel posto giusto''. E io questo posto lo andrò a cercare in Olanda, o forse me lo creerò io stessa, chi lo può sapere. Il bello è che molti adesso mi guardano con ammirazione, quelli che non credevano in me hanno iniziato a farlo e indovinate quale domanda mi rivolgono più spesso? Esatto. ''Ma non hai paura di partire?'' No. Non ho paura di partire. Io ho paura di tornare.

Grazie per chi ha letto, per chi ha dato anche solo uno sguardo, per chi ha letto solo il titolo. Prometto di scrivere al più presto e di tenere aggiornato questo blog.
Alla prossima :)